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Sindacato Avvocati
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AVVOCATO SPECIALISTA, SI AL TITOLO NO AI CRITERI INDICATI

Il regolamento del Ministero della Giustizia n. 144 del 12.8.2015, recante disposizioni per il conseguimento e il mantenimento del titolo di avvocato specialista, a norma dell?art. 9 della legge 31 dicembre 2012, n. 247, ? stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale (n. 214) il 15 settembre scorso. L?ANF Associazione Nazionale Forense ha da subito manifestato forti perplessit? al riguardo, richiamando le criticit? gi? evidenziate durante l?iter di approvazione e annunciando, e uccessivamente formalizzando, l?impugnazione dinanzi al giudice amministrativo. Le reazioni sono state immediate e, in qualche caso, molto forti. Sono passati due mesi dalla pubblicazione in G.U. e le perplessit? hanno fatto breccia fortunatamente) anche in altre componenti dell?Avvocatura, tant?? che pi? di un ordine circondariale forense, pi? di un?associazione e pi? di un avvocato hanno adito il giudice amministrativo. Gli stessi difensori del regolamento, poi, lo definiscono ?perfettibile?, consapevoli delle ?storture? che esso ha al suo interno. Sicuramente, il conseguimento del titolo di "specialista? rappresenta un?opportunit? per gli Avvocati. Al tempo stesso e per espressa previsione normativa (art. 9, L. 247/12), non vi ? un obbligo al conseguimento ma trattasi di facolt?: l?avvocato pu? scegliere di conseguire il titolo cos? come pu? scegliere di non conseguirlo. Precisazioni non superflue per sgomberare il campo da ogni equivoco e da luoghi comuni facilmente strumentalizzabili: ANF non ? contraria alle specializzazioni. La nostra associazione ? viceversa fortemente scettica sul come le specializzazioni sono state realizzate, sul come il regolamento ministeriale ha tradotto in concreto la norma primaria costituita dall?art. 9 della legge ordinamentale forense. Sulle criticit? pi? lampanti molto si ? gi? detto e scritto: incomprensibile ? il criterio con cui si ? pervenuti all?individuazione dei settori di specializzazione, discutibile ? la previsione di un colloquio dinanzi al CNF nel caso di domanda per il conseguimento del titolo per comprovata esperienza, evidente ? la disparit? di trattamento che subiscono gli avvocati in ragione delle segmentazione di alcuni settori rispetto alla genericit? di altri (diritto penale, amministrativo o del lavoro), ingiustificato ? il disvalore attribuito all?esperienza professionale rispetto alla formazione teorica dei corsi (la disciplina transitoria sembrerebbe consentire il conseguimento del titolo in due settori senza alcuna esperienza acquisita). Tuttavia, con queste poche righe, si vuole richiamare l?attenzione di ogni operatore del diritto sulla principale distorsione della norma primaria (art. 9) operata con il regolamento ministeriale, che investe un aspetto principale dell?intero sistema ideato per il conseguimento e il mantenimento del titolo di ?avvocato specialista?. Con l?art. 9 citato il legislatore ha chiaramente espresso la volont? di attribuire alle facolt? di giurisprudenza delle Universit? legalmente riconosciute il ruolo centrale nell?organizzazione e gestione della formazione per l?attribuzione agli avvocati del titolo di specialista, prevedendo la possibilit? per il Consiglio Nazionale Forense e gli ordini circondariali forensi di stipulare convenzioni con le Facolt? di giurisprudenza e le sue articolazioni. Inoltre la norma di legge ha precisato che per il conseguimento del titolo di specialista debbano svolgersi corsi di alta formazione. La ratio della norma risulta evidente: l?universit?, a cui istituzionalmente ? attribuita l?attivit? formativa, di specializzazione e soprattutto di alta formazione, diventa garante dell?uniformit?, omogeneit? ed imparzialit? dei percorsi per il conseguimento del titolo di avvocato specialista. Il regolamento ha di fatto sottratto detto ruolo centrale all?universit? attribuendo, per giunta in via esclusiva, al Consiglio nazionale forense - e ai Consigli dell?ordine degli avvocati - ruoli e compiti non previsti dall?art. 9 della legge professionale forense, cos? come ? scomparso qualsiasi riferimento ai corsi di alta formazione espressamente indicati nella norma primaria per il conseguimento del titolo di specialista. La norma di legge ha previsto una mera facolt? per le articolazioni delle universit? di stipulare convenzioni (?i percorsi sono organizzati presso le facolt? di giurisprudenza con le quali il CNF e i consigli degli ordini territoriali posono stipulare convenzioni) mentre la disposizione regolamentare (art. 7, comma 3) ha attribuito al CNF (e ai COA) il compito di organizzare i corsi con l?obbligo per le articolazioni delle universit? di stipulare le convenzioni (ai fini dell?organizzazione dei corsi, il Consiglio nazionale forense o i consigli dell?ordine degli avvocati stipulano convenzioni). Ma la legge non ha attribuito al Consiglio Nazionale Forense (n? ai COA) compiti di organizzazione dei corsi (detto compito ? invece riconosciuto in via esclusiva alle facolt? di giurisprudenza) n? ha imposto alle facolt? la stipula di convenzioni con CNF e COA e solo con questi. Sul punto dovr? pronunciarsi il TAR Lazio a seguito dell?impugnazione proposta dall?Associazione Nazionale Forense: il compito del giudice sar? quello di indicare quale sia la corretta interpretazione della norma primaria e se ad essa sia stata data corrispondente attuazione. Un altro aspetto critico riguarda le modalit? di mantenimento del titolo e i soggetti deputati all?organizzazione dei corsi di formazione continua nelle materie specialistiche. L?art. 10 del regolamento impugnato attribuisce il compito di organizzare e gestire l?aggiornamento professionale specialistico al Consiglio Nazionale Forense e ai COA, d?intesa con le associazioni forensi specialistiche maggiormente rappresentative di cui all?art. 35, comma 1, lett. s) della legge n. 247/2012. La previsione sembra essere in contrasto con le norme in materia di libera concorrenza e dei principi comunitari e interni di libera iniziativa economica, come resi evidenti nella pronuncia n. 1/2013 della Corte di Giustizia UE e per effetto della quale il Consiglio Nazionale Forense e gli ordini circondariali devono considerarsi ?imprese? quando esercitano un?attivit? economicamente rilevante quale quella della ?formazione? (nel nostro caso, specialistica). Sotto altro e diverso profilo, il ruolo del Consiglio Nazionale Forense incide sul numero e la qualit? delle associazioni forensi specialistiche maggiormente rappresentative, e di conseguenza sul ?mercato? della formazione e dell?aggiornamento specialistico, atteso che l?art. 35 della legge n. 247/2012 e il relativo regolamento di attuazione del CNF n. 1 dell?11.4.2013, attribuiscono a quest?ultimo in via esclusiva e, di fatto, la gestione dell?elenco delle associazioni forensi specialistiche maggiormente rappresentative, in quanto unico soggetto deputato a valutarne l?iscrizione e la permanenza. La sorte di questo regolamento sembra, infine, incerta. Travagliata di certo, al pari di quanto avvenuto per il regolamento elettorale forense. L?auspicio ? che si intervenga tempestivamente per eliminare quelle criticit? che impediscono, oggi, di realizzare pienamente le finalit? per le quali la ?specializzazione? va salutata con favore e valorizzata per la modernizzazione della professione. (Guida al diritto, n. 49/2015)

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